Quattro paesi (Portico di Caserta, Macerata Campania, Capodrise e Recale) della provincia di Caserta festeggiano Sant’Antonio Abate.
CARRI CIPPI E PASTELLESSA
La festa di S. Antonio Abate a Portico di Caserta racchiude in sé tutti questi significati ed ha un’ ulteriore caratteristica, quella di coinvolgere l’intera comunità locale, soprattutto i giovani che sono i protagonisti assoluti. La manifestazione ha una durata di tre giorni e vede sfilare per le strade di Portico di Caserta i “carri di Sant’Antuono”, sfilata che culminerà la domenica sera con una vera e propria gara . I carri di Sant’Antuono, sono dei carri allegorici, trainati da trattori e sui quali i giovani, i famosi “bottari” danno vita ad uno spettacolo graditissimo alla popolazione (e non solo, molti sono i turisti) portichese. Gli strumenti atti a riprodurre un ritmo incalzante, quasi tribale, sono botti, tini e falci, strumenti risalenti alla cultura contadina del luogo. I bottari di Portico di Caserta, grazie ad Enzo Avitabile, che li ha voluti nella sua band, sono divenuti sempre più famosi, infatti, oggi sono impegnati in una tournè in tutta Europa. Oltre alla sfilata dei carri, altro momento di grande attrazione di questa festa è costituito dallo sparo dei fuochi effettuato a mezzogiorno in piazza Rimembranza davanti al Comune. Sono dei fuochi d’artificio molto particolari e con significati propri: la signora di fuoco, il ciuccio, il maiale e la trainella di fuoco.
Sant’Antonio Abate, nell’Italia Meridionale è più comunemente chiamato “Sant’Antuono”. La statua di Sant’Antuono presente nella chiesa di Portico, lo rappresenta come un vecchio barbuto circondato da un maiale e da altri animali da cortile. Nella mano sinistra sorregge un libro aperto con del fuoco e nell’altra un bastone. Sant’Antonio Abate era un nobile e ricco egiziano, nato a Coma presso Eraclea, in Egitto, nel 251. Donò tutti i suoi beni ai poveri per seguire alla lettera l’ insegnamento di Gesù ritirandosi sulle rive del Mar Rosso dove condusse una vita ascetica. Qui dovette affrontare continue tentazioni del male che, si presentavano sotto forma angeliche, umane ed anche bestiali, come quella di un maiale, questo animale è dunque un simbolo di lussuria. Al Santo viene riconosciuto uno straordinario potere di controllo e di guarigioni delle malattie, in particolare dell’ “ herpes zoster”, la terribile malattia, conosciuta come “fuoco di sant’ Antonio”. A tal proposito c’è una leggenda popolare che narra che S. Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo e mentre il suo maialino sgaiattolato dentro, creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a ‘tau’ e lo portò fuori insieme al maialino recuperato e lo donò all’umanità, accendendo una catasta di legna. Perciò per millenni e ancora oggi, in alcuni paesi si usa accendere il giorno 17 gennaio, i cosiddetti “ceppi” o “ ‘a lampa di S. Antonio”, che hanno una funzione purificatrice. La festa di Sant’Antuono cade il 17 Gennaio, a Portico di Caserta viene però festeggiata la domenica successiva, cioè dopo la festa di Macerata Campania (paese limitrofo).
I carri, in passato, fino a 50/60 anni fa, erano dei carretti trainati da buoi. Cominciavano a girare per le strade in modo disordinato, accompagnati da codazzi di ragazzini attenti ed estasiati. Venivano abbelliti con frasche di palma molto lunghe , le quali formavano una specie di cupola, tale da dare l’idea di un animale preistorico. All’interno, nascosti alla vista, vi erano la sezione dei tinelli, disposti a circolo, percossi con piccole mazze di legno e la sezione delle falci e falcette percosse con piccoli pezzi di ferro.
Oggi a Portico si ammirano carri moderni con una struttura diversa.

Da circa vent’anni la struttura originaria dei carri è stata gradualmente modificata. Ogni rione prepara il suo carro in gran segreto, cercando di dare sempre più caratteristiche “carnascialesche”: sono diventati aperti con la perdita delle tradizionali “frasche”; sono stati introdotti elementi di abbellimento in cartapesta; sono stati inseriti strumentazioni di amplificazione delle botti, dei tini e delle falci; sono stati introdotti anche strumenti della tradizione musicale della nostra regione, come mandolini, chitarre e tammorre. Anche i canti sono divenuti via via più complessi, frutto della ricerca musicale di alcuni amatori o nuove composizioni che ben si sposano con i ritmi tradizionali. La sfilata dei carri diventa così anche motivo di competizione e sana rivalità tra i vari rioni di Portico.
Enzo Avitabile, nato a Napoli il 1° Marzo del 1955, inizia a sette anni a studiare sassofono per poi laurearsi in flauto. Nell’anno accademico 2006-2007 insegna al Laboratorio di Etnomusicologia. Enzo Avitabile è l’unico bianco ad affiancare James Brown, seguono Pino Daniele, Edoardo Bennato e Antonello Venditti. Nel 1982, insieme a Mario Crispi, produce il suo primo lavoro discografico, dedicato all’amico Mario Musella. Per aver voluto nella sua band i bottari, al maestro Enzo Avitabile, è stata assegnata nell’ottobre del 2005 la cittadinanza onoraria di Portico di Caserta.
Botti, tinelli, falci e falcette sono attrezzi tipici del mondo rurale. Essi, simboleggiano i due alimenti del mondo antico e rurale: il vino (botti e tinelli) e il grano (falci e falcette). Percuotendo questi strumenti veniva riprodotto un suono particolare detto “musica di pastellessa”.
Tale suono si fa risalire ai rumori che S. Antonio Abate era solito fare nel deserto per allontanare gli spiriti maligni.
Questa musica è composta da tre tempi diversi che sono:
Tempo di morte è una forma lenta che si usa quando il carro è in movimento; Tempo di confusione in cui il “capoparanza” con il suo fischietto incita gli strumentisti a percuotere i loro oggetti disordinatamente; Tempo di pastellessa il capoparanza fa coincidere ad un gesto con le mani il grido “ohì”. Con questo grido le mazze iniziano a rullare sui tinelli a cui fanno da contrappunto le botti e infine terminano le falci e le falcette
La “trainella di fuoco”
Su un carrettino viene montata una leggera impalcatura di sostegno a molti tracchi che esplodono lentamente in modo intervallato ma irregolare. Questo tipo di esplosioni serve a creare l’effetto sorpresa-paura: infatti viene portato a mano, sempre di corsa, tra il pubblico che si apre e si chiude al suo passaggio. Potremmo accostarlo a quei famosi carri di fuoco che servivano per sfondare e bruciare i portoni dei castelli assediati? E’ un ipotesi.
Il “maialino di fuoco”
Su un palo fisso in Piazza, viene collocato un maialino di cartapesta, montato su un cerchio di ferro con cui fa tutt’uno. Da questo cerchio scendono giù delle fila di tracchi che esplodono uno alla volta, da terra al cerchio. Al termine di ogni fila sono collocati dei razzetti, anche rumorosi, che fanno girare il cerchio su se stesso. In tal modo si rallenta di molto il finale, quasi una lentissima e penosa agonia. Quando tutte le fila sono esplose, terminati gli ultimi giri su se stesso, la coda comincia a fumare. E’ il preludio all’ultima scarica di tracchi; poi, un attimo lungo di suspence e quindi il gran botto: esplode il “maialino”. Il “maialino”, sicuramente, è la vera espressione simbologica della festa del Santo, soprattutto nel suo significato diabolico.
Il “ciuccio” di fuoco
E’, in effetti, un asino di cartapesta imbottito dai lati e dentro di tracchi che esplodono allo stesso modo della “trainella”, con un botto finale collocato nella testa dopo il classico fumare della coda, preludio all’esplosione finale.
E’ abbastanza pericoloso: infatti è portato a spalla da una persona sola. Il portatore è protetto soltanto da una copertuola tra le sue spalle e il “ciuccio”; sempre di corsa, in modo irregolare, si dirige verso la folla, allo stesso modo della “trainella”. Il fatto che sia molto pericoloso è dimostrato pure dal fatto che per molti anni non è stato presente alla festa, da quando, cioè, morì la persona che lo faceva da moltissimo tempo. Quando è stato ripristinato ha perso la sua peculiarità perché montato su un carrettino portato a mano.
La signora di fuoco
Così come il “maialino”, un fantoccio di cartapesta con sembianze di una rozza figura femminile, montata su un cerchio di ferro, viene collocata su un palo fissato a terra in Piazza. Il resto dell’apparato, cosi come lo svolgimento delle esplosioni, è identico a quello raccontato prima per il “maialino”.
La “scaletta di fuoco”
In ordine di successione, la “scaletta” è l’ultima ad essere fatta esplodere. Ha una forma di rettangolo retto lungo circa metri 5 x 1,50, con listelli di legno all’interno su varie fila distaccate tra di loro.
Questa struttura continua, verso l’alto, con una specie di triangolo isoscele, alto circa 1mt., costituenti insieme un unico corpo. Il tutto sorretto da un palo tenuto a terra da una struttura di legno in modo che la si può spostare facilmente e piazzarla all’ultimo momento.
Sembra quasi una interpretazione in miniatura dei più famosi e spettacolari incendi dei campanili. Secondo qualcuno, però, non sarebbe altro che la messa in scena di un ricordo molto antico; l’incendio, cioè, di un castello o di un palazzo.
Una nota caratteristica della festa di S. Antonio Abate era la presenza del venditore “d’ò zuccariello”.
Lo “zuccariello” non era altro che lo zucchero fatto bollire e lavorato sul marmo, unito poi a dei coloranti veniva lavorato ad un perno ricurvo di ferro per allungarlo fino a quando si induriva. Infine veniva diviso in tanti bastoncini e venduto agli impazienti bambini (e non solo).
Tubetti con le castagne ” past’ e ‘llessa”.

In una capiente padella metteremo l’aglio “vestito” a rosolare con dell’olio e peperoncino (04), poi ci aggiungeremo la pancetta e alcune foglie di alloro (05). Essendo una ricetta velocissima cuoceremo in contemporanea anche la pasta in abbondante acqua (06).

Nel mentre si cuoce la pasta, aggiungeremo le castagne lesse con un po’ di acqua di cottura (07). Quando la pasta sarà cotta la scoleremo e la uniremo insieme al sughetto delle castagne (08). Ed ecco pronto il nostro piatto pronto da gustarcelo (09).

Piatto molto rustico che si addice molto in questo periodo dell’inverno. Vi consiglio di prendere con il cucchiaio sempre un po’ di pasta, delle castagne e la pancetta, solo in questa maniera potete assaporare la bontà di questo piatto. Buon Appetito .